Venceslao, Torino, Gattinara, 1721

 ATTO PRIMO
 
 SCENA PRIMA
 
 Piazza real di Cracovia bagnata dal fiume Vistula, sopra il quale machina di trionfo da cui sbarca Ernando, accompagnato dal suono de’ militari stromenti; siegue l’esercito polacco con molti schiavi in catena, bandiere e trofei de’ nemici, fra’ quali il teschio d’Adrasto, capo de’ rubelli moldavi, alzato sopra un’asta. Ad un lato della scena scalinata del palazzo reale, da cui doveranno scendere Venceslao ed i due principi suoi figliuoli.
 
 ERNANDO, poi VENCESLAO, CASIMIRO ed ALESSANDRO
 
 CORO
 
    Comun bene, amica diva,
 bella Pace, ognun ti onori;
 ed all’ombra degli allori
 cresca ognor tua verde uliva.
 
 TUTTI
 
5   Viva il prode, Ernando viva.
 
 ERNANDO
 O del regno polono, (A’ piedi di Venceslao)
 del Boristene algente alto monarca,
 Venceslao sempre invitto,
 già ’l superbo moldavo
10morde i tuoi ceppi e ’l contumace Adrasto,
 de l’alme più rubelle
 grand’esempio e gran pena,
 da più colpi trafitto
 là su l’Istro confessa
15ne le aperte sue piaghe il suo delitto.
 VENCESLAO
 Le tue vittorie, Ernando,
 degne della tua fama e son maggiori
 del poter nostro. Hai vinto;
 ma di tanta tua gloria è nostro il frutto.
20Vieni, onde al sen ti stringa,
 o forte del mio regno
 difesa e primo amor. (Lo abbraccia)
 CASIMIRO
                                          (Fremo di sdegno).
 ALESSANDRO
 Agli amplessi paterni, amico duce,
 un mio succeda.
 ERNANDO
                                 O sempre
25generoso Alessandro. (Si abbracciano)
 VENCESLAO
 Casimiro, e tu solo
 al vincitor nieghi gli applausi?
 CASIMIRO
                                                          Ernando
 ne’ tuoi reali amplessi ebbe anche i miei.
 ERNANDO
 Servo ti son.
 CASIMIRO
                          (Anzi rival mi sei).
 VENCESLAO
30Sinor sterili applausi
 diedi al valor di Ernando. I suoi trionfi
 chiedono un maggior prezzo. Ei me lo additti.
 ERNANDO
 Gran re, tutto ti deggio.
 VENCESLAO
                                              Il tuo rispetto
 non dee lasciarmi ingrato.
35Chiedi.
 ERNANDO
                 Temo nel prezzo
 parer vil, non audace.
 VENCESLAO
 Vil non fia ciò che puote
 gli affetti meritar del tuo gran core.
 ERNANDO
 Ti arride amor. Sol per te chiedo. (Ad Alessandro)
 ALESSANDRO
                                                                O amico. (Ad Ernando)
 ERNANDO
40Dirò, poiché lo imponi,
 ma non senza rossor (non senza pena);
 tutto il premio ch’io cerco
 in sé racchiude un volto.
 CASIMIRO
 Iniquo!
 VENCESLAO
                  Ernando amante?
 ERNANDO
45Perdona. Amor sol diede
 più zelo al cor, più stimolo a la fede.
 VENCESLAO
 Favella.
 CASIMIRO
                  (Ah! Più nol soffro).
 ERNANDO
 L’amor, sire...
 CASIMIRO
                             Ammutisci,
 troppo altero vassallo.
50Frena il volo al tuo amore e nel tuo sangue
 ne ammorzerò le fiamme. Ama là dove
 non offendi il tuo prence; o se sì audaci
 nutri gli affetti, ama soffrendo e taci.
 ERNANDO
 
    Celerò la fiamma ond’ardo;
55non dirò qual sia lo sguardo
 che m’impiaga in seno il cor.
 
    Cercherò nell’ubbidirti
 la mercede alla mia fede
 e ’l conforto al mio dolor.
 
 SCENA II
 
 VENCESLAO, ALESSANDRO e CASIMIRO
 
 VENCESLAO
60Tu de l’amico Ernando
 siegui, Alessandro, le vestigia; e digli
 che a tal grado alzerò la sua fortuna
 che non fia chi ’l sorpassi
 quaggiù, fuorché ’l suo re, fuorché gli dei.
 CASIMIRO
65E ch’ei tema, gli aggiugni,
 in qualunque destin gli sdegni miei.
 ALESSANDRO
 Tanto esporrò ma troppo ingiusto sei.
 
 SCENA III
 
 VENCESLAO e CASIMIRO
 
 VENCESLAO
 Casimiro, cotesta
 tua superba fierezza
70vuol privar te d’un padre e me d’un figlio.
 CASIMIRO
 Del tuo poter, della mia vita, o sire,
 usa a tuo grado. Il soffrirò con questa
 che tu chiami fierezza ed è virtude;
 ma ch’un basso vassallo,
75ch’un mio servo, un Ernando
 mi sia rival, ch’ei mi contenda e usurpi
 il possesso d’un bene?
 Nol soffrirò. Sento che m’empie un core
 forte a ceder la vita e non l’amore.
 VENCESLAO
80Vedrem ciò che far possa
 mio malgrado il tuo amor. Ma sappi intanto
 che un reo vassallo arma d’un re lo sdegno
 e che pria che a te fui padre al regno.
 
    Per serbar le leggi in me (Aria)
85castigar ancora te
 da regnante io ben saprò;
 
    né sperar, benché sei figlio,
 che mutar possa consiglio,
 perché padre non sarò.
 
 SCENA IV
 
 CASIMIRO pensoso, poi LUCINDA in spoglie virili con poco seguito
 
 CASIMIRO
90Le paterne minaccie
 sono giuste; ma invano il mio Cupido
 tentano ispaventar... Che veggio! Ahi vista!
 Né m’inganno. Ell’è dessa, ella è Lucinda;
 turbatrice odiosa
95de l’amor mio costei sen viene e seco
 avrà la fé giurata,
 rinfaccierà de l’onor suo le macchie.
 Che far poss’io? Gli affetti a lei dovuti
 mi ha rapiti Erenice. Arde più forte
100del nuovo amor la face
 e goduta beltà più non mi piace.
 Coraggioso s’attenda.
 LUCINDA
                                          In quale oggetto
 vi affissate, o miei lumi?
 CASIMIRO
 (Finger mi giovi).
 LUCINDA
                                    (O numi).
 CASIMIRO
105Stranier, che tale a queste spoglie, a questi
 tuoi compagni o custodi a me rassembri,
 e qual da miglior cielo a l’Orse algenti
 forte cagion ti trasse?
 LUCINDA
 (Non mi ravvisa). A mia gran sorte ascrivo
110che dal ciel lituano
 qui giunto appena, ove drizzai la meta,
 te incontri, eccelso prenci.
 CASIMIRO
                                                  A te, che altrove
 giammai non viddi, ove fui noto e quando?
 LUCINDA
 In Lituania, ov’ebbi
115l’alto onor d’inchinarti.
 (Ah! Quasi dissi il fier destin di amarti).
 CASIMIRO
 Qual ti appelli?
 LUCINDA
                               Lucindo.
 CASIMIRO
 L’ufficio tuo?
 LUCINDA
                            Di segretario in grado
 a Lucinda servia.
 CASIMIRO
120Lucinda?
 LUCINDA
                     Sì, l’erede
 del lituano regno.
 CASIMIRO
 Tu con Lucinda?
 LUCINDA
                                 Io con Lucinda! Io seco
 era il giorno primier che i lumi tuoi
 s’incontraro co’ suoi,
125giorno (ah giorno fatal) che in voi si accese
 scambievol fiamma. Io seco
 allor che le giurasti eterno amore
 e sol fui testimon del suo rossore.
 (Fiso mi osserva). Ommai
130ti dovria sovvenir che in bianco foglio
 la marital tua fede,
 me presente, segnasti; e me presente,
 si strinse il sacro nodo,
 si diede il casto amplesso.
135Ti dovria sovvenir ch’entro a sei lune
 tornare a lei giurasti;
 pur due volte d’allora
 compì l’anno il suo corso e non tornasti.
 (Misera!) E non ancora
140ti sovvien qual io sia,
 io che fui testimon de le sue pene,
 de’ giuramenti tuoi?
 CASIMIRO
                                         Non mi sovviene.
 LUCINDA
 Non ti sovviene? Ingrato!...
 CASIMIRO
                                                    A cui favelli?
 LUCINDA
 Così m’impose il dirti
145la tua fedel Lucinda: «E se» mi aggiunse
 «e se nulla ottener puoi da quel core,
 fa’ ch’io ’l sappia, onde fine
 abbia con la mia vita il mio dolore».
 CASIMIRO
 Quasi a pietà mi astringe.
150Fole mi narri.
 LUCINDA
                             (O son tradita o finge).
 CASIMIRO
 Ma dovunque tu venga
 e qualunque sii tu,
 parti, o Lucindo, e non cercar di più.
 
    Ti consiglio a far ritorno,
155parti, va’;
 né cercar più di così.
 
    Lungo soggiorno
 ti sarà solo
 di pianto e duolo
160cagione un dì.
 
 SCENA V
 
 LUCINDA sola
 
 LUCINDA
 Ch’io non cerchi di più? Solo a tal fine
 mi partii dal mio regno,
 varcai provincie e mari,
 grado e sesso mentii, soffersi tanto.
165Vo’ saperlo e pur temo
 ch’il saperlo mi sia cagion di pianto.
 
    Aveva l’idol mio
 bel volto e cor fedel,
 quando partì da me.
 
170   Or che a lui torno, o dio!
 per mio destin crudel,
 vi trovo la beltà ma non la fé.
 
 SCENA VI
 
 Giardino.
 
 ERNANDO, ALESSANDRO ed ERENICE
 
 ERNANDO
 Bella Erenice.
 ERENICE
                             Invitto Ernando.
 ERNANDO
                                                              O vista!
 ERENICE
 All’ombra de’ tuoi lauri
175la comun libertà posa sicura.
 ALESSANDRO
 E de’ tuoi rischi il nostro bene è l’opra.
 ERNANDO
 Se voi lieti non rendo,
 nulla oprai, nulla ottenni. Egli ha gran tempo
 ch’ardono del tuo bello, e ben tu ’l sai,
180Casimiro e Alessandro.
 Questi, temendo il suo rival germano,
 nascose il fuoco e col mio labbro espose
 le sue fiamme amorose.
 L’odio di Casimiro,
185credutomi rival, tutto in me cadde
 e in me sol rispettò l’amor paterno.
 La Moldavia rubella
 m’esentò da la reggia. Io vinsi e ’l prezzo
 esser dovea Erenice,
190sol per render voi lieti (e me infelice).
 ERENICE
 Cor generoso.
 ALESSANDRO
                            E grande.
 ERNANDO
 Godea che a me tenuti
 foste di tanto. Casimiro allora
 fremé, si oppose e minacciò. Compiacqui
195al suo furor, tolsi congedo e tacqui.
 ERENICE
 Perfido!
 ERNANDO
                   Or la dimora
 è comune periglio.
 ALESSANDRO
 Ma qual è il tuo consiglio?
 ERNANDO
 Pria che risorga il giorno
200stringavi sposi maritale amplesso.
 ALESSANDRO
 E poi?
 ERNANDO
                Riparo allora
 non avrà ’l fatto. Al mio consiglio, al nodo
 non disuguale il padre
 darà l’assenso e del rival germano
205sarà impotente ogni furore e vano.
 ALESSANDRO
 Me fortunato appieno,
 se tu vi assenti.
 ERENICE
                               O dio.
 ALESSANDRO
 Che paventi, Erenice?
 ERENICE
 Questo mio così tosto esser felice.
 ALESSANDRO
210Temi il mal, non il bene.
 ERENICE
 Offendo l’onestà.
 ALESSANDRO
                                  Prendi, mia vita,
 sposa mi sei. Ne l’atto sacro invoco
 l’amor, la fede, Ernando.
 ERENICE
 Ti cedo e sposa ecco ti abbraccio.
 ERNANDO
                                                              Parti,
215pria che ’l german qui ti sorprenda.
 ALESSANDRO
                                                                   Addio.
 Verrò cinto da l’ombre
 a darti il primo maritale amplesso.
 ERNANDO
 Io fui del mio morir fabbro a me stesso.
 ALESSANDRO
 
    Col piacer che siate miei,
220occhi bei, vi dico addio.
 
    Da voi parto sì contento
 che in lasciarvi più non sento
 il poter de l’amor mio.
 
 SCENA VII
 
 ERNANDO ed ERENICE, poi CASIMIRO
 
 ERENICE
 Pace al regno recasti e gioie a noi,
225Ernando generoso.
 Ma tu così pensoso? E che ti affligge?
 ERNANDO
 Se tu mel chiedi, io deggio dirlo; amore,
 benché finto, daver mi punge il core.
 Sì, per te peno, o bella.
 ERENICE
230(Qual favellar?)
 CASIMIRO
                                Felici amanti, il mio
 importuno venir tosto non privi
 del piacer di una vista i vostri lumi.
 ERENICE
 Se sai d’esser molesto, a che ne vieni?
 CASIMIRO
 Perché rispetti Ernando
235sugli occhi di Erenice un mio comando.
 ERNANDO
 Qual fia?
 CASIMIRO
                    Da lei che adori, audace, or prendi
 l’ultimo addio.
 ERNANDO
                              Perché?
 CASIMIRO
 Perché Ernando è vassallo ed io son re.
 ERNANDO
 L’amar beltà che tu pur ami, o prence,
240non è offesa al tuo grado,
 è omaggio che si rende al bel che piace.
 Nell’amor mio son giusto e non audace.
 CASIMIRO
 E giusto anch’io sarò in punirti; a troppo
 tua baldanza s’inoltra. (Impugnando la spada)
 ERENICE
                                            E a troppo ancora
245ti trasporta il tuo sdegno.
 Partiti, o duce.
 ERNANDO
                              Addio, signor. Per poco
 tempra o sospendi almen l’odio mortale.
 Dentro al venturo giorno
 non sarò, qual mi credi, il tuo rivale.
 
250   Della mia fedeltà
 un giorno si vedrà
 se il labro mente!
 
    Sospendi il tuo furor,
 da’ pace al tuo gran cor,
255rivale a te non son,
 son innocente.
 
 SCENA VIII
 
 CASIMIRO ed ERENICE
 
 ERENICE
 Prence.
 CASIMIRO
                 Mia cara.
 ERENICE
                                     Anche per te sia questo
 l’ultimo addio che da Erenice or prendi.
 CASIMIRO
 Come?
 ERENICE
                 L’amor di Ernando
260grave offesa è al tuo grado.
 L’amor di Casimiro
 più grave offesa è a l’onor mio.
 CASIMIRO
                                                          Perché?
 ERENICE
 Erenice è vassalla e tu sei re.
 CASIMIRO
 Tua beltade ha l’impero
265sul cor di Casimiro.
 ERENICE
                                       Il mio divieto
 dunque ti sia comando.
 CASIMIRO
 Questo è il tuo sol comando
 cui ubbidir non posso.
 ERENICE
 Che dunque brami?
 CASIMIRO
                                        Amore.
 ERENICE
270Questo è il tuo sol desio
 cui né ubbidir né compiacer poss’io.
 
    Non amarmi, non pregarmi.
 So che inganni, non t’amerò.
 
  Usa lusinghe e vezzi,
275tenta minacce e sprezzi,
 alma per te non ho.
 
 SCENA IX
 
 CASIMIRO solo
 
 CASIMIRO
 Amar puossi, o cor mio,
 beltà più ingiusta e più superba? Vuole
 de l’ingrata Erenice
280servirti amor per gastigar. Ei gode
 che tua pena ora sia l’altrui rigore.
 Tu così mi rispondi;
 ma non giova il tuo dir, povero core.
 
 SCENA X
 
 VENCESLAO e detto
 
 VENCESLAO
 Figlio.
 CASIMIRO
               Signor.
 VENCESLAO
                               Di Ernando
285più amico ti vorrei. Dovresti in esso
 ammirar la virtù, saggio guidarti
 su l’orme sue, che degno
 sarai così de l’amor mio, del regno.
 CASIMIRO
 Anche la gloria, padre,
290de l’aver vinto è tuo retaggio; vinse
 coll’armi tue, col tuo gran nome Ernando,
 tu core ed ei ministro;
 tu reggesti la mano, ei strinse il brando.
 
 SCENA XI
 
 LUCINDA con seguito e li sudetti
 
 LUCINDA
 Del sarmatico cielo inclito Giove,
295per cui la fredda Vistula è superba
 più de l’Istro e del Tebro,
 re, la cui minor gloria è la fortuna,
 quella, ch’estinto il genitor Gustavo
 di Lituania or regge
300le belle spiagge e ’l fertil suol, Lucinda,
 a te, la cui gran fama
 non ci è cui nota, o Venceslao, non sia,
 per alto affar me suo ministro invia.
 CASIMIRO
 (O dei!)
 LUCINDA
                   (L’empio si turba).
 VENCESLAO
305Di sì illustre regina,
 la cui virtù sublime
 è fregio al debil sesso, invidia al forte,
 ch’io servir possa a’ cenni è mia gran sorte.
 CASIMIRO
 Parto, o signor...
 LUCINDA
                                 Deh arresta,
310principe, i passi. A quanto
 dir mi riman, te vo’ presente.
 CASIMIRO
                                                        O inciampo.
 Costui, signor, mente l’ufficio e ’l grado.
 LUCINDA
 Io mentir, Casimiro?
 Questo che al re presento
315foglio fedel, questo dirà s’io mento. (Lucinda porge al re una lettera che sembra di credenza. Il re leggendola guarda minaccioso il figliuolo)
 CASIMIRO
 Legge e minaccia.
 VENCESLAO
                                    (O note!)
 CASIMIRO
 (Nieghisi tutto a chi provar nol puote).
 VENCESLAO
 (Che lessi?) Ah figlio, figlio! Opre son queste
 degne di te? Degne del sangue ond’esci?
320Tu cavalier? Tu prence?
 CASIMIRO
 Che fia?
 VENCESLAO
                   Prendi e rimira.
 Que’ caratteri impressi
 son di tua man? Li riconosci? Leggi;
 leggi pure a gran voce e del tuo errore
325dia principio a la pena il tuo rossore.
 CASIMIRO
 «Per quanto ha di più sacro, (Legge)
 il prence Casimiro a te promette
 la marital sua fede,
 a te, Lucinda, erede
330del regno lituano;
 e segua il cor ciò che dettò la mano».
 VENCESLAO
 Leggesti? A qual diffesa
 tua innocenza cometti?
 CASIMIRO
 Or ora il dissi. Un mentitore è questi,
335signor. Mentito è ’l grado,
 mentito il ministero. Io né giurai
 a Lucinda la fede
 né promisi imenei
 né mai la vidi o pur ne intesi.
 LUCINDA
                                                        (O dei!)
 CASIMIRO
340E perché alcun de la mendace accusa
 testimon più non resti,
 lacerato in più parti (Lacera il foglio)
 or te, foglio infedele, il piè calpesti.
 VENCESLAO
 Tant’osi?
 CASIMIRO
                    Eh, padre, credi,
345mente costui.
 LUCINDA
                            Due volte, o Casimiro,
 mentitor me dicesti. Ove t’aggrada
 a singolar tenzone
 forte guerrier per nascita e per grado
 tuo egual, che meco io trassi
350de’ lituani lidi,
 per mia bocca t’invita
 e tua pena sarà la tua mentita.
 CASIMIRO
 Il paragon dell’armi io non ricuso.
 LUCINDA
 Anzi che cada il sole,
355tu, re, ’l concedi.
 VENCESLAO
                                 Assento
 e spettatore io ne sarò.
 LUCINDA
                                            Ti aspetto
 colà al cimento.
 CASIMIRO
                               Ed io la sfida accetto.
 LUCINDA
 
    Sapesti lusinghiero
 schernire un fido amor;
360ma braccio feritor
 ti punirà.
 
    Vibrar l’acciar guerriero
 non è tradir l’onor
 di semplice beltà.
 
 SCENA XII
 
 VENCESLAO e CASIMIRO
 
 VENCESLAO
365Casimiro, innocente
 ti vorrebe e non sa crederti il core.
 Guarda che dal tuo errore
 non nascano per te vaste rovine,
 che de’ mendaci è sempre infausto il fine.
 
370   Armi ha il ciel per gastigar (Aria)
 l’empietà su regie fronti;
 
    e più spesso ei fulminar
 suole irato e torri e monti.
 
 SCENA XIII
 
 CASIMIRO
 
 CASIMIRO
 Amor, tu mi vuoi morto
375e d’esserti fedel serbo il costume.
 Se in più beltà ti adoro,
 con me ti sdegni a torto,
 che, se cangio l’altar, non cangio il nume.
 
    Così ancor quell’ape il mele
380or da questo or da quel fiore
 con piacer succhiando va;
 
    e se mai quel dolce umore
 da un sol fior fuggir volesse,
 anche in onta al suo sudore
385men soave ognor sarà.
 
 Il fine dell’atto primo